Vortice dell'inganno

Cari lettori, sono uno che molti anni fa è scampato al suicidio per la sola grazia di Dio. Spero che quanto scrivo possa essere prima di tutto d’aiuto a chi sta male e secondariamente di correzione a chi predica giudicando severamente ciò che non conosce. 

Cosa dice la Bibbia? Di seguito l’opinione di autorevoli studiosi evangelici:

“Il suicidio è raro nell’AT, ma alcuni misero fine alla loro vita di fronte a disastri militari veri o presunti (Giudici 9:54; 1 Samuele 31:4; 2 Samuele 17:23; 1 Re 16:18). Nel NT c’è solo un suicidio, quello Giuda (Matt 27:5). Dovremmo considerarlo un modo peccaminoso di concludere la vita che Dio nella Sua bontà ci ha donata, ma la Bibbia non affronta specificamente la questione” (1)

Questo breve commento, che condivido, ci consiglia dunque prudenza nei giudizi troppo rapidi.

Sappiamo tutti, infatti, che l’uomo consapevole (soprattutto se credente) non deve distruggere la vita che Dio gli ha donato, però è proprio questa “consapevolezza di sé”, spesso assente, che fa una grandissima differenza nella considerazione delle nostre azioni. 

Come aiutare, alla luce della Bibbia:

Io come ho detto più volte non credo che gli insegnamenti del Vangelo siano applicabili in maniera dogmatica come fossero un nuovo decalogo. Se noi diciamo a chi ha in mente il suicidio: “non lo devi fare perché è proibito, vai contro il comandamento, è peccato mortale, andrai all’inferno” dubito che otterremo buoni risultati. Non potrebbe capirci, perché in fondo nemmeno noi mostreremmo di aver capito lo Spirito dell’Amore che anima la Scrittura. Applicare la legge a questo modo non serve a salvare. È superfluo ricordare l’adultera che stava per essere lapidata e che Gesù non condanna, per darci un esempio. Anche sul Vecchio Testamento poi ci sarebbero molte riflessioni da fare prima di applicare le regole; ve ne vorrei proporre una che riguarda peccati terribili come l’assassinio.

“Fra le città che darete ai Leviti ci saranno le sei città di rifugio, che voi designerete perché vi si rifugi l'omicida; e a queste aggiungerete altre quarantadue città” (Numeri 35:6).

“designerete delle città che siano per voi delle città di rifugio, dove possa mettersi in salvo l'omicida che avrà ucciso qualcuno involontariamente. Queste città vi serviranno di rifugio contro chi vuole vendicare il sangue versato, affinché l'omicida non sia messo a morte prima di essere comparso in giudizio davanti alla comunità” (Numeri 35:11-12).

Dio non vuole certo proteggere il peccato, tanto meno l’omicidio, ma ha un’infinita misericordia per il peccatore; ed il Suo primo pensiero non è la “caccia all’uomo” come facciamo noi, ma la protezione di chi ha sbagliato contro il facile giudizio di chi si sente sempre giusto e uccide anche con le parole.

La volontà di chi commette un’azione terribile come l’omicidio o il suicidio, io ne sono convinto, non è mai quella che sembra a chi sta seduto nel salotto, ma quell’atto è la conseguenza pratica di una volontà in cui il maligno da tempo ha molto lavorato, tanto da distorcere ogni valore. L’ingannatore è riuscito ad alterare lo sfondo, la finalità delle azioni. Nell’uomo, infatti, sia esso peccatore omicida o suicida (è solo la mia opinione), c’è sempre una volontà “buona” per sé stesso, o per lo meno che a lui sembra buona, come unica strada da percorre per evitare il peggio. Il problema non è nell’applicazione della volontà, quanto nell’individuazione del “buono” in assoluto.

L’allontanamento da Dio, sommo Bene, che tutto creò “buono”, ha corrotto e degenerato il concetto di “buono”, il quale staccato dall’Amore verso Dio e verso il prossimo, è diventato solo sterile ed egoistico amore per sé stessi. (2)

L’uomo persegue sempre il suo scopo che è quello di vivere ed amare, solo che quando è staccato da Dio, senza più scambiare elevati sentimenti d’Amore con Lui, il suo perseguire la vita e l’amore diviene un’attività solo terrena, disordinata, senza discernimento… E così, senza rendersene conto persegue il male anziché il bene.

Gesù, il Signore, tutto questo lo sapeva bene, proprio per questo è venuto: per liberarci da questo inganno; ed è per questo motivo che sulla croce non accusa i suoi assassini ma li perdona “perché non sanno quello che fanno.” (3)

Ora, il giudeo che non riconosce il Messia (e dunque non è rinato nella consapevolezza di essere lui stesso Figlio di Dio) non può far altro che applicare la legge ed uccidere chi trasgredisce la legge facendosi “simile a Dio”; dal suo punto di vista c’è una logica seppure sbagliata.  Ma il cristiano, come noi diciamo di essere, non può condannare. Può piangere per le empietà del mondo, può soffrire… può pregare... può testimoniare l’amore del Cristo… ma non può condannare. Il credente maturo sa che l’uomo non deve condannare nemmeno sé stesso (4).

Chi pensa che morire sia l’unica soluzione, vive una realtà manipolata e distorta dal diavolo; è stretto nell’angolo come un animale ferito impaurito e minacciato; i suoi occhi vedono una porzione ristrettissima fissa davanti a sé, senza luce alcuna; e le sue orecchie non odono altro che un infinito urlo di dolore. È una persona ingannata dalle suggestioni del maligno, che amplifica il senso di colpa; una persona lacerata da anni dentro al cuore… A volte è il disperato gesto inconsulto contro la società contro i genitori, contro la persona amata che non lo ama più… contro una vita che gli sembra cattiva… ecc.

Noi ci riferiamo soprattutto a quelle persone che arrivano a questi terribili pensieri per motivi esistenziali dopo lotte estenuanti e lunghe depressioni. Queste persone sentono la loro vita insopportabile. Il maligno può attivare tutta la sua potenza omicida. In questo inganno vedono il morire come una scappatoia al dolore. Un dolore che non si sanno spiegare: alzarsi è soffrire, parlare è soffrire, compiere i gesti di ogni giorno è uno sforzo doloroso come scalare la montagna più alta del mondo. No, non direi a queste persone: “non devi farlo se no vai all’inferno” perché l’inferno per loro è il vivere di tutti i giorni; e se anche Dio li accusa, allora cosa rimane? Di sensi di colpa ne hanno già abbastanza, saranno schiacciati definitivamente. Non possono avere consapevolezza né di inferno né di paradiso. E neppure si possono presentare loro lunghi ragionamenti che spiegano la teologia della vita…

A queste persone doppiamente giudicate, da sé stessi e dalla morale comune, vorrei dire una parola d’incoraggiamento: mai il Signore mi è stato vicino e mi ha amato come in quel periodo in cui avevo la morte a due passi e vi pensavo tutti i giorni. Se sono qui a parlarvi è perché Egli non mi si è rivelato col giudizio o con la regola d’accusa, ma perché si è ricordato di me e mi ha semplicemente amato. Con la Sua sola presenza mia ha strappato dalla morte, perché si è interessato a me, mi è venuto vicino; nessun altro lo fece.

Chi sta male ha bisogno di fatti e presenza reale, non di filosofie. 

Una delle cause principali del suicidio è la mancanza d’amore e le delusioni di vario genere provate nel passato. A questi cuori non servono parole, ma gesti colmi d’amore, anche in silenzio.

Ci sono silenzi che traboccano d’amore.

Un esempio di ciò è la preghiera d’intercessione silenziosa, dentro al nostro cuore. Il Signore che l’ascolta sempre saprà come renderla benefica.

Un altro esempio? Beh, scusatemi ma mi viene in mente un cane che avevo. Alle volte preso dalla malinconia sedevo su un muretto, smarrito e con l’espressione cupa. Rambo, così si chiamava, non è mai stato un cane furbo, abbaiava anche quando non serviva e faceva molti danni, ma se lo chiamavo per rimproverarlo non scappava, veniva ubbidiente e subiva passivamente le mie urla. Eppure, quando mi vedeva seduto in quel modo, sul muretto, pur essendo di taglia grande e molto esuberante, si avvicinava facendosi piccolo piccolo e si metteva silenzioso vicinissimo a me. Trovava sempre la maniera, magari strisciandomi la gamba o il gomito col suo muso, di farmi capire che lui era lì e mi voleva bene. Ogni volta che lo ricordo mi commuovo, mi manca tanto. Ecco, se fossi capace farei così anch’io con chi è abbattuto: non come chi elargisce dall’alto un gesto da protagonista, o parlando assume toni solenni ed autoritari, ma con una presenza amorevole, discreta, silenziosa, da servitore, forse un poco arruffone alle volte, ma testardamente deciso ad esserti vicino quando stai male.

R.R.

(Continua in... SUICIDIO: INGANNO DELL’UOMO E DOLORE DI DIO (2° parte) – NO SUICIDIO)


(1) Dizion Biblbico GBU 3^ ediz – Marshall-Millard-Packer-Wiseman-Diprose; pag 1037. 

(2) Si confronti a questo proposito in Genesi 1:12,18,21,25 il concetto di “buono”, anzi di “molto buono” (Gen 1:31), da parte di Dio, con il concetto di “buono” da parte di Eva (Gen. 3:6), che, ingannata dal serpente, già distaccata da Adamo, si distacca anche da Dio mettendo in dubbio la Sua Parola, e finendo con l’osservare il frutto con un desiderio egoistico e personale. I due concetti di “buono” sono simili, ma il primo è amore per donazione, il secondo è amore per possesso personale. Il primo riflette il carattere di Dio che trasmette amore e vita, il secondo il carattere dell’ingannatore che si impossessa della vita e non potendola far vivere la può solo distruggere. 

(3) Questo a scanso equivoci non significa che Dio perdona tutti, ma è la preghiera del Signore che sa distinguere le azioni fatte per inavvertenza o ignoranza. Un esempio per noi.

(4) "A me poi pochissimo importa di essere giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, non mi giudico neppure da me stesso" (1 Corinzi 4:3)

 

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