marionette in fila

Premessa.

Una realtà ridotta è sempre una realtà distorta.

Con i nostri sensi e con la nostra mente non possiamo che cogliere solo una parte della realtà, perciò dobbiamo mettere in conto che ciò che vediamo, cogliamo, pensiamo e giudichiamo, ha sempre un margine più o meno ampio di distorsione. Questo non ci esonera dalla responsabilità di cercare di ridurre quanto più ci è possibile tale margine per avvicinarci sempre di più alla Verità, pur sapendo di non poterla mai possedere, non in questa vita. Dobbiamo conservare e custodire come un tesoro, la consapevolezza che la realtà è molto più di ciò che potremo mai cogliere.

Quando si dice che ogni testa è un mondo, si intende proprio che ognuno vede il mondo dalla sua prospettiva e quello che vede corrisponde alla sua realtà, che è inevitabilmente distorta, come abbiamo appena affermato.

Nel considerare i rapporti tra esseri umani, e quindi tra mondi diversi, bisogna perciò tenere conto delle immancabili distorsioni nella visione di ognuno.

Relazioni genitori-figli.

In particolare vogliamo soffermarci sulle relazioni “asimmetriche”, in cui c’è una persona che guida, cura o insegna, e l’altra che ne riceve il beneficio. In questo tipo di relazioni c’è sempre un rischio, che è quello del plagio, ovvero di assoggettare l’altro alla propria visione del mondo e di conseguenza al proprio volere in modo subdolo, o, viceversa, di esserne assoggettati.

Si presuppone che chi aiuta abbia una conoscenza e consapevolezza più ampia rispetto all’altro, nel campo in cui intende aiutarlo. Perché ha studiato, perché è più capace, o perché ne ha fatto esperienza in prima persona. Tutte queste relazioni - tra maestro e allievo, tra medico e paziente, tra pastore e fedele, ecc… - sono diverse declinazioni della relazione fondamentale genitore-figlio. Infatti i buoni maestri, medici, pastori, ecc… sono quelli che si pongono in modo paterno (o materno). Chiaramente questa genitorialità deve avere delle caratteristiche precise per non scivolare in autoritarismo oppure nel suo opposto lassismo.

Un buon genitore vuole trasmettere al figlio le proprie conoscenze, per farlo crescere e diventare capace un giorno di padroneggiare e mettere in pratica autonomamente quanto imparato, e auspicabilmente per metterlo in condizione di fare perfino di meglio. Perciò il genitore “deve” influenzare suo figlio, deve condizionarlo se non vuole tradire il suo ruolo. Quanti genitori lasciano scegliere tutto ai propri figli ponendosi come servi oppure come spettatori passivi. Il risultato è sotto i nostri occhi: figli che non hanno nulla da conquistare perché sembra tutto uguale, nulla per cui valga la pena sacrificarsi, e crollano davanti alle frustrazioni o si spengono poco a poco.

Insegnamento sano oppure plagio?

Come si fa a distinguere un condizionamento sano e positivo da un plagio?

  1. Il primo evidente discrimine sta nella libertà del figlio di potersi rifiutare di mettere in pratica quell’insegnamento. Questa libertà è possibile solo se il figlio è consapevole dell’influenza del genitore, e sceglie o rifiuta di seguire il suo insegnamento, prendendosi le conseguenze della sua scelta.

Deuteronomio 30:19

Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza.

Un buon genitore spiega al figlio che cosa è giusto secondo lui e gli mostra le conseguenze. La correzione, commisurata all’errore, non è una punizione in stile “occhio per occhio”: è dare consapevolezza che ogni scelta ha delle conseguenze, è educare alla responsabilità delle proprie azioni.

Nel plagio viene meno la consapevolezza di essere influenzati, di conseguenza viene meno la libertà di scelta. Alla base del plagio c’è un inganno. E aggiungiamo che chi plagia si trova inevitabilmente vittima del suo stesso inganno e ne paga le conseguenze.

Genesi 3:4

 Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; 5 ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».

Nel plagio c’è una bugia, una distorsione della realtà che può riguardare la sorgente, e cioè quando si chiamano le cose con un altro nome (ad esempio definire “coccole” un abuso sessuale) oppure la foce, cioè quando si negano le conseguenze di un’azione. Il versetto sopra riportato è il simbolo di tutte le bugie di questo tipo: “se imbrogli non succede nulla, nessuno controlla!”. E invece succede che sei un imbroglione anche se non ti scopre nessuno; “ho diritto a cercare la mia felicità, la sera quando torno dal lavoro voglio svagarmi”. Va bene ma non sei un buon padre né un buon marito. Oggi va poco di moda pensare e parlare chiaro.

Se abbiamo detto che distorcere la realtà per noi è inevitabile, e che il plagio ha proprio a che fare con la trasmissione di una realtà distorta, sembra che sia praticamente inevitabile plagiarsi a vicenda. Come se ne esce? Affermando con chiarezza i limiti del proprio punto di vista, senza per questo sminuirne il valore.

  1. Il secondo discrimine tra un condizionamento sano e un plagio sta infatti nella dichiarazione esplicita della propria limitatezza. Nessun uomo sulla terra può dirsi possessore della Verità, nessuno ha una visione così chiara della realtà da poterla guardare con assoluta oggettività. Un buon genitore dice al proprio figlio: “io ti insegno quello che io ho imparato, ti dico quello che io ho capito essere giusto e buono. Ma quello che io so non è tutto quello che c’è da sapere. Fanne tesoro, ma va’ avanti e fai se possibile meglio di me.” Un buon genitore sa di non essere Dio, e trasmette questa consapevolezza. Nelle sette, luogo di plagio per eccellenza, i leader si pongono come se fossero Dio o quasi.
  2. Possiamo aiutarci a distinguere il sano insegnamento dal plagio guardando lo scopo perseguito: a chi va la gloria? Nel plagio, la gloria e la maggior parte dei vantaggi vanno a chi plagia: la fama prima di tutto, il servizio di chi gli è assoggettato, i beni materiali, ecc… Si tratta sempre di vantaggi temporanei perché prima o poi tutto ciò che è inganno viene smascherato.

Nel sano insegnamento al centro c’è l’amore, e la sola, ma grandissima ed eterna soddisfazione del buon genitore, è veder compiersi il bene dell’altro.

Conclusioni.

Il discorso potrebbe essere ancora molto lungo e certamente meglio articolato.

Ma ci accontentiamo di trarre le seguenti conclusioni nella speranza che tornino utili a qualcuno.

Per evitare di plagiare o essere plagiati, bisogna:

  • Tenere stretta la consapevolezza che nessun uomo sulla terra possiede la Verità
  • Trasmettere questa consapevolezza in modo esplicito insieme a ciò che vogliamo insegnare
  • Stare attenti a non scivolare nell’estremo opposto del plagio, e cioè nella completa astensione da ogni insegnamento, o nella sfiducia estrema in chi ci insegna.
  • Mantenere un giudizio critico, cercando di andare oltre le parole, facendo una verifica di corrispondenza ai fatti che vediamo, per dare il giusto nome alle cose, e per prevedere per quanto possibile le conseguenze di una scelta, consapevoli che ogni scelta ha delle conseguenze, perfino le non scelte. Questo si traduce nell’usare un linguaggio quanto più possibile chiaro e semplice, e nell’indicare le conseguenze prevedibili.
  • Riflettere sul “guadagno” della relazione. Una relazione di sano insegnamento punta al bene dell’altro, ha come scopo ultimo l’amore.

Dio è Padre, è Pastore, è Maestro. Nessuno meglio di Lui può insegnarci ad essere figli e genitori migliori. Purché ci ricordiamo di non crederci pari al Creatore, ma di essere creature, amatissime creature.

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