Macchina da scrivere

I pericoli di una semplificazione eccessiva della Scrittura per farne dei manuali pratici per tutti - Esempio della moglie di Osea 

 Dal dopoguerra ad oggi, crescendo all’ombra degli USA, la nostra cultura ed il nostro pensiero sta diventando sempre più pragmatico, vale a dire che fa prevalere interessi concreti, pratici, sopra quelli teorici ed ideali. Ci ritroviamo un manualetto di dieci lezioni per ogni cosa, immagino anche per andare in paradiso. Se per certe attività generali questo è più funzionale, diretto, accessibile a tutti, e in effetti può produrre risultati concreti, per certi altri settori come la fede, può essere deleterio. Fare degli schemi delle sintesi va bene, aiuta lo studio e la comprensione di un insieme complesso, ma prendere delle scorciatoie e normalizzarle (cioè farne delle norme uguali per tutti) è davvero rischioso.

Per esempio, avete visto in molti film americani quando c’è un lutto di una persona cara, c’è sempre un palloncino, un sacco di una palestra, un cuscino da prendere a pugni per scaricare l’aggressività e la rabbia. Poi dopo una decina di pugni, c’è un pianterello, et voilà il lutto non c’è più! Non sono uno psicologo ma immagino che “l’elaborazione del lutto” sia un processo che richieda più tempo, altrimenti non si chiamerebbe “elaborazione”. La nostra persona deve rendersi conto di chi non c’è più, predisporsi al cambiamento inevitabile della vita, “impastare” un pensiero complesso non esente dalla sofferenza, in cui fede e realtà terrena si affrontano, confrontano, trovano un equilibrio. Possono volerci anni.

 

E il rapporto tra noi e Dio? 

È questo il punto difficile. Noi evangelici abbiamo visto negli ultimi 50 anni il sorgere e proliferare di missioni provenienti in massima parte dall’America. Se da un certo punto di vista l’avvento di questi movimenti cristiani di rinnovamento è stato un bene perché ci ha fatto capire che Dio non è un Essere lontano, teorico e inaccessibile, da un altro punto di vista l’eccessiva semplificazione della spiritualità cristiana ci ha portato ad abbassare il livello di elaborazione interiore.

Frasi come “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica” (Filippesi 4:13) vanno capite bene prima di essere applicate comunque e dovunque e da chiunque.

Per capire meglio la pericolosità della semplificazione vi faccio un esempio: dai tantissimi film e telefilm americani e non che ci vengono propinati a qualsiasi ora del giorno e della notte emerge uno schema di base: “Se credi in te stesso, se veramente credi che una cosa possa avvenire, allora avverrà. Ce la puoi fare, sii te stesso!” Molto ci sarebbe da dire su queste semplici frasi, che nascondono una matrice fondamentalmente atea, ma per ora non approfondiremo troppo. Ecco, se questo è il pensiero medio ormai generalizzato a tutta la società occidentale, immersa dagli stereotipi del “sogno americano”, dell’uomo che solo contro tutti, può arrivare dovunque, al top di ogni cosa, il n.1 tra tutti, immaginate il versare questa autoconvinzione da manualetto, direttamente  nella fede!

Immaginate di avere questa convinzione e di leggere ad esempio questa frase biblica: “Perciò vi dico: tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete” (Marco 11:24). Applicare questa frase alla lettera, tralasciando quel piccolo “perciò”, esporrebbe chi è debole nella fede a sforzi personali di volontà, alla fede in sé stesso e non a Dio. Il rischio sarebbe quello di passare attraverso cocenti delusioni, confondendo se stessi con la volontà di Dio; ed alla fine ci sarebbe l’inevitabile perdita di quel poco di fede che avevamo.

Prima Dio ci educa a pregare a conoscerLo. Ci si predispone alla comunione con Lui, ci si conosce, ci si scambia un patto di stima d’amore di fiducia, e solo dopo può esistere il dialogo con la risposta.  La preghiera a cui si riferisce questa frase presuppone un rapporto ed una unità già acquisita con il Signore. Questa unità potrebbe esserci per alcuni così come potrebbe ancora non esserci per molti altri. Non se ne può fare una regola valida per tutti in ogni momento.

 

Allora quand’è che il Signore risponde?

Come nell’elaborazione del lutto, così nel rapporto con Dio esiste una trasformazione, una elaborazione interiore.

L’uomo nato “ad immagine di Dio” si è andato a sporcare di fango e non riconosce più quello che è, se è più simile alle bestie o al Signore. Allora è per questo che il Signore stesso ci richiama a tornare da Lui: in chi risponde affermativamente a questa chiamata, prima ci sarà una decontaminazione, un bagno di pulizia dal fango, un ritrovare la nostra forma originale ad “immagine di Dio” così come eravamo stati concepiti all’inizio. Poi, trovata la giusta assonanza, la giusta armonia tra lo spirito nostro purificato e lo Spirito di Dio, solo allora potremo ricevere e capire la Sua risposta alle nostre preghiere.

Vediamo tutto questo attraverso alcuni passi di Osea:

Il profeta Osea compie delle azioni nella sua vita che fanno capire come sono le azioni di Dio verso il suo popolo.

14 «Perciò, ecco, io l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. 15 Di là le darò le sue vigne e la valle d'Acor come porta di speranza; là mi risponderà come ai giorni della sua gioventù, come ai giorni che uscì dal paese d'Egitto. 16 Quel giorno avverrà», dice il SIGNORE, «che tu mi chiamerai: "Marito mio!" e non mi chiamerai più: "Mio Baal!" 17 Io toglierò dalla sua bocca i nomi dei Baal, e il loro nome non sarà più pronunciato. 18 Quel giorno io farò per loro un patto con le bestie dei campi, con gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; spezzerò e allontanerò dal paese l'arco, la spada, la guerra, e li farò riposare al sicuro. 19 Io ti fidanzerò a me per l'eternità; ti fidanzerò a me in giustizia e in equità, in benevolenza e in compassioni. 20 Ti fidanzerò a me in fedeltà, e tu conoscerai il SIGNORE. 21 Quel giorno avverrà che io ti risponderò», dice il SIGNORE, «risponderò al cielo, ed esso risponderà alla terra; (Osea 2:14-21)

Il popolo di Dio (tutti noi) è paragonato ad una moglie sposata dal marito per amore e diventata poi nel tempo più che adultera, prostituendosi con altri amanti. Osea, nonostante tutto, torna da lei disposto a riprenderla; le ripropone un nuovo fidanzamento, un nuovo patto, in cui lei però non dovrà più prostituirsi.

Se trasportiamo questo a noi, che pur essendo uniti a Dio ci siamo poi allontanati e “prostituiti” con infiniti idoli, vediamo che ci sono diverse “fasi” in questo ritorno: 

  1. “io l’attrarrò..” attrazione, chiamata,  da parte di Dio;
  2. “la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore…” Isolamento dal mondo e dialogo in fondo al cuore, serio, senza distrazioni;
  3. Di là le darò le sue vigne e la valle d'Acor come porta di speranza..”  affidamento di possedimenti, eredità, ritrovo della dignità ed apertura alla speranza;
  4. là mi risponderà come ai giorni della sua gioventù, come ai giorni che uscì dal paese d'Egitto..” ritrovo dell’antico amore, della passione iniziale, inizio di un nuovo amore con la memoria di quanto c’è stato di bello e della liberazione avvenuta;
  5. ti fidanzerò a me in fedeltà, e tu conoscerai il SIGNORE.” Dopo questa nuova sincera conoscenza ed impegno consapevole e rispetto e fiducia, ecco la solennità del patto: saremo di nuovo di Dio e Lui si farà conoscere.
  6. Quel giorno avverrà che io ti risponderò» - solo a questo punto il Signore risponderà. Alla fine di una conversione, al ritorno nostro con tutto il cuore all’amore del Signore con l’impegno di non seguire più altri idoli.

Ecco che l’idea iniziale di pregare Dio e ottenere subito quello che si chiede, è del tutto arbitraria. Dio si fa conoscere e ci risponde solo quando noi ci rendiamo conto di aver preso una strada sbagliata e decidiamo di tornare da Lui promettendo di non aver più nulla a che fare con gli idoli.

Su cosa siano gli idoli è presto detto: Nella spiritualità sono tutti quegli esseri o cose al di fuori di Dio, che noi preghiamo o ai quali ci affidiamo (filosofie, concezioni, persone morte, angeli, ecc ecc); nella vita di tutti i giorni è tutto ciò che noi consideriamo uguale o più importante di Dio, tanto da darci dipendenza.

Allora per avere chiare risposte da Dio non basta dire “Signore dammi questa cosa”, occorre prima “essere in linea con Lui” staccarsi dalla contaminazione idolatrica, appartarsi con Dio, ascoltare la Sua Parola in fondo al cuore, prendere un impegno serio, e solo dopo che Lui si sarà fatto conoscere potremo sentire chiara la Sua risposta alle nostre richieste.

Naturalmente è bene dire che stiamo parlando di Dio, non di un teorema geometrico, e noi siamo solo uomini. Dio può chiamare chi vuole e rivelarsi a lui quando e come vuole. Noi in questa pagina abbiamo fatto solo un discorso di massima.

Facciamo dunque del nostro meglio per predisporci alla grazia, ma non dimentichiamo che l’attività di Dio sorprende sempre perché è al di sopra di tutti i nostri pensieri.

R.R.

 

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