sole soffuso tra rami

Noi credenti abbiamo un cammino da percorrere, non solo di tipo pratico umano, ma anche e soprattutto di tipo spirituale. Se ci riferiamo a quest’ultimo (che noi evangelici chiamiamo anche santificazione, cioè progressivo distacco dal mondo e dalla mondanità,  valido per TUTTI i cristiani), è bene riflettere su alcuni impedimenti alla crescita che, più o meno volontariamente, potremmo mantenere.

In termini semplici, se decidiamo di seguire Dio non possiamo più seguire il desiderio della ricchezza, come dice in Matteo 6:24 “Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona”.

Alcuni di questi impedimenti sono più sotterranei e riguardano per esempio il nostro modo di autovalutarci. Spesso consideriamo noi stessi come “arrivati”, ovvero “quelli che hanno capito la verità”, quelli che “sono già nella famiglia di Dio”. Questo modo di sentirci “giusti” si appoggia è vero su delle verità “giuste” che il Signore ci ha rivelato, ma arricchisce più che altro il nostro “Ego”.

Prendiamo Isaia 28:9 «A chi vuole insegnare conoscenza? A chi vuole far comprendere il messaggio? A quelli appena  divezzati, a quelli appena staccati dalle mammelle? 10 Poiché è un precetto su precetto, precetto su precetto, regola su regola, regola su regola, un po' qui, un po' là». Nel versetto 10 infatti i giudei ridicolizzano le parole di Isaia rifacendogli il verso come se parlasse a bambini in una specie di cantilena per bebé, che in ebraico suonerebbe così: “saw lasaw, saw lasaw, qaw laqaw, qaaw laqaw” (Martin). Un po’ come a dire: “a noi, sapienti, che siamo quelli che siamo, tu viene a parlare come si parla ai bambini?”. In realtà era proprio necessario parlare loro come bambini perché non capirono insegnamenti profondi al di là delle parole semplici e fermarono il loro comportamento, la loro evoluzione spirituale, proprio sulle regole che costituirono la loro pietra d’inciampo (Gesù, il Messia, o “Figlio di Dio” fu condannato a morte dalla classe dei sacerdoti di Israele proprio perché, secondo loro, aveva commesso un grave peccato contro la legge facendosi come Dio, e meritava dunque la morte). Eppure dietro le parole semplici, che Dio mandava loro, c’era una verità sublime che sfuggì loro: “Isaia 28:12 Egli aveva loro detto: «Ecco il riposo: fate riposare lo stanco; questo è il refrigerio!». Ma essi non vollero ascoltare”. Cos’era questo se non la rivelazione di un sabato (“riposo”) che si sarebbe espanso per l’eternità? Mi pare che l’apostolo Paolo, proprio nella lettera agli Ebrei riprenda qualcosa di simile:

Ebrei 4:1 Stiamo dunque attenti: la promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso. 2 Poiché a noi come a loro è stata annunciata una buona notizia; a loro però la parola della predicazione non giovò a nulla, non essendo stata assimilata per fede da quelli che l'avevano ascoltata. 3 Noi che abbiamo creduto, infatti, entriamo in quel riposo, come Dio ha detto: «Così giurai nella mia ira: "Non entreranno nel mio riposo!"» E così disse, benché le sue opere fossero terminate fin dalla creazione del mondo. 4 Infatti, in qualche luogo, a proposito del settimo giorno, è detto così: «Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere»; 5 e di nuovo nel medesimo passo: «Non entreranno nel mio riposo6 Poiché risulta che alcuni devono entrarci, e quelli ai quali la buona notizia fu prima annunciata non vi entrarono a motivo della loro disubbidienza, 7 Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori8 Infatti, se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d'un altro giorno. 9 Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio; 10 infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle proprie opere, come Dio si riposò dalle sue.
11 Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza”.

Non possiamo capire il riposo dell’eternità assieme al Signore se ci portiamo appresso il senso umano di sentirci giusti e superiori.

Anche noi “protestanti” “evangelici” potremmo commettere questo errore: non c’è in noi a volte un senso di superiorità perché “abbiamo scoperto la salvezza per grazia” ed altre cose del genere? Allora dobbiamo stare attenti al nostro lato umano fatto di egocentrismo e superiorità nei confronti degli altri credenti “che ancora non ci sono arrivati”.

La nostra “trasformazione” che si compirà interamente al momento del rapimento della Chiesa, quando assumeremo un corpo spirituale, inizia già adesso che siamo ancora carnali, quando seguiamo le indicazioni dello Spirito Santo, SENZA FERMARCI in uno stato di acquisizione della verità, come se fossimo qualcosa, come se potessimo accampare dei diritti, come se avessimo capito tutto.

Chi pensa di essere “ricco spiritualmente” e di non aver bisogno di altro,  entra in un “riposo falso” che sa più di morte spirituale che di vita eterna. Ricordiamo infatti cosa ci dice il Risorto per mezzo dell’apostolo Giovanni: 

Apocalisse 3:1 All'angelo della Chiesa di Sardi scrivi: Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto. 2 Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. 3 Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te. (CEI)

 R.R.

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