Stare insieme

Evitare gli accentramenti delle attività - far crescere i fedeli - la chiave è "servire".

Nella maggioranza delle chiese evangeliche la figura del pastore ha assunto dei contorni simili a quelli del prete cattolico e questo, a nostro parere, non può far crescere la comunità come dovrebbe, per due motivi: 

  1. Se il pastore ha una forte personalità, ed è molto “carismatico”, tende a fare tutto lui. Ma come un genitore troppo efficiente, accentrando si di sé le attività, i “figli” non fanno mai esperienza, rimangono passivi e non crescono.
  2. Se il pastore è “fiacco” i fedeli tenderebbero a sopperire con varie iniziative di supporto, ma di solito lo statuto delle chiese mantiene per definizione un forte controllo decisionale nelle mani del pastore, il quale volente o nolente si trova lui solo a decidere e a seguire e rispondere ai suoi superiori. Anche in questo caso dunque la comunità non cresce.

La Parola del Signore non parla solo di pastori in seno alla chiesa, ma anche di pastori.“È lui [Gesù] che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo;” (Efesini 4:11-13).

Non ha detto che uno solo deve fare tutto, né che tutti debbano saper fare tutto: Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue. Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli? Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti? (1 Corinzi 12:27-30);  Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio, poiché manchiamo tutti in molte cose [...] (Giacomo 3:1-2).

Nelle grandi comunità a volte nemmeno ci si conosce, invece è importante la fratellanza, il frequentarci anche fuori dalla chiesa anche per momenti d’amicizia. Non dimentichiamo che “comunità” significa mettere insieme pensieri ed attività, essere insieme, frequentarsi ed operare a lode del Signore. L’ideale sarebbe dunque una comunità piccola oppure gruppi di preghiera, non con un capo, ma con diversi responsabili ciascuno per il dono che lo Spirito gli ha concesso, sempre per il bene comune. Il bene comune parte dal basso: servire.

I pastori che attualmente sono costretti a predicare, cantare, suonare, fare l’accoglienza, occuparsi dei bambini, degli adulti, degli anziani, dei malati, delle persone in difficoltà, delle preghiere di guarigione, di liberazione, degli insegnamenti, degli studi teologici, dell’andamento della comunità, del dono profetico,  sarebbe bene (anche per la loro salute) che delegassero ad altri membri anziani della chiesa gran parte delle incombenze.

Per fare questo occorrono due cose:

primo: l’umiltà e l'intelligenza del pastore affinché riesca a fare un passo indietro sospingendo i fedeli ad andare avanti;

secondo: la buona volontà da parte dei fedeli più maturi affinché si propongano in base ai talenti che il Signore ha messo in loro.

R.R. (prima pubblicazione 27-10-10 / agg. 7-10-14)

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