In esodo 3:14 non troviamo il tetragramma יהוה traslitterato YHWH e reso con l’Eterno o SIGNORE nelle nostre versioni ma una intera frase.
האֶֽהְיֶ ראֲשֶׁ האֶֽהְיֶ che potremmo traslitterare “ehyeh asher ehyeh”. Possiamo analizzare questa frase in questo modo: האֶֽהְיֶ = ehyeh: è il verbo “essere” nella forma verbale “qal” al tempo imperfetto nella prima persona singolare (che in ebraico, come in italiano e “comune” cioè vale sia per il maschile che per il femminile).
ראֲשֶׁ = asher = è il pronome relativo che può essere tradotto in italiano “che, il quale”, “ciò che”, “colui che”, ecc. a seconda del contesto. האֶֽהְיֶ = ehyeh = è il primo termine (verbo “essere”) ripetuto esattamente nella stessa forma. A questo punto avrai già capito che le diverse traduzioni dipendono da come viene tradotta la forma האֶֽהְיֶ (ehyeh) del verbo essere.
Abbiamo visto che ehyeh è una forma del verbo “essere” al tempo imperfetto (uso il termine ‘tempo’ tanto per capirci perché in realtà la cosa è un po’ più complicata). Il sistema dei tempi in ebraico è abbastanza diverso da quello italiano, in genere l’imperfetto indica una azione “non conclusa” e possono essere varie le motivazioni per cui questa azione non è conclusa: si svolgerà nel futuro per cui non è ancora finita (e nemmeno iniziata), si sta svolgendo nel presente ma non è ancora terminata, si svolge costantemente, ecc.
Come si traduce “ehyeh asher ehyeh”
Tornando ad Esodo 3:14 possiamo dire che da un punto di vista strettamente grammaticale: “ehyeh asher ehyeh” potrebbe essere tradotto sia col presente che col futuro. Questo spiega il perché delle traduzioni “io sono colui che sono” e “io sarò ciò che sarà”, anche se per correttezza quest’ultima andrebbe resa “io sarò ciò che sarò” o “io sarò colui che sarò”.
Invece, la traduzione “io mostrerò di essere ciò che mostrerò di essere” – qui è assolutamente una forzatura, per cui non la prenderei neanche in considerazione. A questo punto dobbiamo chiederci se sia meglio usare in italiano il presente o il futuro e io credo ci siano buone ragioni per usare il presente (come fa la grande maggioranza delle traduzioni): in italiano il futuro (a differenza dell’imperfetto ebraico) generalmente esclude il presente e il passato.
Es.: “Io sarò italiano” non implica che io lo sia anche adesso o lo sia stato in passato anzi lascia sottintendere che io lo diventerò, mentre il presente “io sono italiano” indica che questa è una mia caratteristica costante e quindi probabilmente lo ero ieri e lo sarò anche domani. In questo caso “io sono colui che sono” se da una parte può dare l’idea di indescrivibilità di Dio, trasmette soprattutto l’idea di immutabilità di Dio.
Nel Nuovo Testamento, Gesù fa riferimento a Esodo 3:14 diverse volte (anche se non è sempre evidente in italiano) vedi per esempio Giovanni 4:26; 6:20,35,41,48,51; 8:12,18,24,28, ecc e in particolare 8:58 e 18:5,6,8. In tutti questi casi il greco ha (egò eimì) che viene correttamente tradotto in italiano “io sono” al presente. Non a caso Gesù usa il presente e se in Esodo 3:14 usiamo il futuro impediamo al lettore di mettere in connessione fra loro questi passi.