quadro "il bambino malato" Munch

(nell'immagine: Il bambino malato – di E. Munch)

Nella lingua italiana non esiste un termine che traduca “caregiver”, colui che presta le cure ad un malato.  Questo ce la dice lunga su come in Italia venga considerata questa figura e questo ruolo: sia esso un familiare, un operatore o un badante, è normale che un parente (coniuge, figlio) si dedichi all’assistenza del familiare malato grave, è normale che chi viene pagato per assistere, svolga il proprio lavoro senza particolari difficoltà.

La realtà è un’altra e lo sanno bene quelle famiglie dove vive una persona, bambino o anziano, limitata da una patologia grave, costretta a letto o non autosufficiente, che abbia necessità di un aiuto costante per i bisogni fondamentali primari (mangiare, lavarsi, ecc), oppure quelle persone che offrono al familiare il sostegno costante dalla diagnosi di un cancro all’iter terapeutico, dalle visite più o meno invasive alla fase terminale.

Non stiamo parlando di buona volontà, non si tratta di altruismo, non si tratta di pazienza, né di un lavoro come un altro: è veramente un compito oneroso, difficile, coinvolgente e importante, in cui la fatica di chi assiste sta nel trovare l’equilibrio tra diversi bisogni e necessità: la necessità di informarsi sulla patologia per conoscerla, sapere come evolverà e come prevenire altre problematiche, la necessità di proteggere la dignità della persona malata nel rispetto della sua personalità e delle sue idee, la necessità di salvaguardare la salute mentale dello stesso caregiver che tende a coinvolgersi e, se è un familiare, ad annullarsi, a sacrificare il proprio ruolo (per es. di coniuge o di figlio, se  il malato è il marito/la moglie o il genitore) per essere un bravo “assistente-infermiere”, perdendo il canale comunicativo e il contatto affettivo del legame.

In queste situazioni è importante creare e mantenere intorno alla famiglia una rete di contatti, di sostegno, diversificata e disponibile a subentrare per offrire pause di distrazione, riposo, recupero al caregiver. Il benessere del caregiver è fondamentale per il benessere della persona malata: egli deve poter ritagliarsi del tempo per se stesso, mantenere le proprie relazioni sociali e  chiedere aiuto a sua volta.

Molto utili e di supporto sono di gruppi di auto aiuto per le persone che vivono insieme ad un malato grave o cronico (come per es. i depressi grave, gli schizofrenici, i malati oncologici, di SLA, di Alzheimer, ecc); questi gruppi sono rintracciabili sulle bacheche degli ospedali o su internet, nei siti delle associazioni dedicate alla patologie specifiche (come per es. l’Associazione Ital. Malattia di Alzheimer di Milano). (1)


(1)    Nota: di questi problemi legati agli aspetti umani ed emotivi della malattia, dei malati e delle loro famiglie, si occupa la Psiconcologia. Questa branca della psicologia da molti anni lotta per l’introduzione dello psicologo nell’equipe medica presso i centri di cura affinché sia dato il giusto valore e spazio anche all’aspetto psicologico della malattia e della cura.


"Per chiarimenti sul contenuto, approfondimenti o domande, potete scrivere alla mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  "Domande alla psicologa"  La d.ssa Ciampi sarà lieta di rispondere

Sorry, this website uses features that your browser doesn’t support. Upgrade to a newer version of Firefox, Chrome, Safari, or Edge and you’ll be all set.

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull'utilizzo del sito stesso.
Proseguendo nella navigazione accetti l’uso dei cookie; altrimenti è possibile abbandonare il sito.