Bibbia sulla spiaggia

Vi sono molte componenti nella nostra persona che non conosciamo, così tante che forse nemmeno uno psichiatra le conosce tutte. Ma il Signore si, le conosce perché ci ha creati e sa dei nostri punti deboli e forti. Egli non si limita a saperli solo perché ci ha creati, ma sa come armonizzarli, accordarli e intonarli. Egli li lega con i Suoi pensieri che viaggiano velocemente con la Sua parola creatrice ancora efficace, [1] e li trasporta verso la stabilità perfetta della nuova creazione.

CONTRO LA PREDICAZIONE "BUONISTA"

Sappiamo che uno degli errori più grandi della predicazione cristiana attuale è quello di manifestare sempre più l’aspetto “buonista” superficiale, tralasciando le motivazioni e il realismo che c’è dietro la nostra testimonianza di vita di discepoli. [2] Questo ha degenerato la serietà del cristianesimo illudendoci di aver trovato già adesso una realtà paradisiaca dove tutti si amano, dimenticando le amarezze e le ingiustizie presenti. Lontano dalla compattezza degli insegnamenti evangelici, questo squilibrio confonde e libera solo il nostro egoismo che chiamiamo erroneamente “libertà”. Inevitabile una reazione opposta, come il proliferare di chiese giudaico-cristiane, le quali opponendosi alla eccessiva tolleranza del peccato e dell’idolatria si arroccano sul legalismo come nell’Antico Testamento. Di fronte a tutto questo è estremamente difficile ritrovare l’equilibrio evangelico oggi, eppure con l’aiuto del Signore dovremmo provarci.

Vedremo tra poco qualche passo scritturale utile, premettendo però una cosa: noi non evidenziamo gli aspetti difficili del cristianesimo perché ci piace il vittimismo, ma siamo “costretti” a farlo principalmente per bilanciare la predicazione superficiale inesatta. Questa predicazione “buonista” - anche se non sembra - può essere molto pericolosa perché illusoria e, alla fine, a contatto con la realtà, tristemente deludente.

La realtà non è solo quello che sta fuori di noi, ma può anche essere un cuore rimasto duro di cui da soli non ci accorgiamo, perché può non essere veramente rinnovato, non ancora nato di nuovo attraverso il giusto pentimento operato dallo Spirito Santo. Un cuore duro è come il seme sui luoghi rocciosi:

"Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia, però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato." (Matteo 13:20-21) 

Lo Spirito di Dio scioglie per prima cosa il nostro cuore. Tale scioglimento è dato dalla gloriosa presenza di Dio che, appena percepita, fa cadere in terra ogni nostra orgoglio personale, ridimensionandoci come creatura rispetto al creatore.

Seguire Dio è una vocazione dello spirito nostro, un desiderio insopprimibile, una sicurezza che ci starà sempre accanto, ma anche la consapevolezza che ci aspettano legami e tribolazioni nel mondo: Atti 20:23 So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.

Seguire Dio è abbandonare ogni illusione di successo personale, di essere ammirati, di gestire da soli il proprio futuro scegliendo la strada più comoda:

"Chiunque vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Marco 8:34)

Rinnegare se stessi significa ridimensionare enormemente il nostro “io”, evitare l’autocelebrazione che imperversa in un sistema corrotto anche dai “social”, dove conta solo chi ha tanti “mi piace”; significa abbassare il nostro orgoglio in un sistema dove l’ambizione è falsamente considerata una virtù.

Prendere la propria croce significa accettare una ubbidienza a Dio a volte pesante e razionalmente “illogica”, con umiliazioni davanti ai giudizi degli empi, alle loro derisioni e malvagità.

Seguire il Signore significa ricordare che questo mondo, per ora, è ancora nelle mani dell’avversario, il quale contrasterà fortemente l’opera redentrice del Signore Gesù:

"Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe quello che è suo; poiché non siete del mondo, ma io ho scelto voi in mezzo al mondo, perciò il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detta: 'Il servo non è più grande del suo signore'. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra'". (Giovanni 15:18-20)    

PER INCISO, forse è opportuno aggiungere che se l’odio del mondo è reale, questo poi però non va scambiato con la patologia del “ce l’hanno tutti con me”.

La persecuzione del mondo in quanto cristiani è una realtà storica e spirituale che i seguaci di Gesù hanno affrontato fin dai primi secoli. Essa si basa sul fatto che il mondo, inteso come il sistema di valori e poteri contrari al regno di Dio, non accetta la testimonianza e la verità del Vangelo, e quindi cerca di ostacolare, opprimere e distruggere i cristiani. Gesù stesso ha avvertito i suoi discepoli di questa situazione, dicendo che il mondo li avrebbe odiati come ha odiato lui, e che avrebbero dovuto essere pronti a soffrire per la sua causa. La persecuzione del mondo in quanto cristiani è quindi una prova della fedeltà e dell’amore dei credenti verso il loro Signore, e una occasione per manifestare la sua grazia e la sua gloria.

La patologia psicologica di chi dice “ce l’hanno tutti con me” è invece una forma di disturbo paranoide, che si caratterizza per una tendenza a interpretare in modo distorto e sospetto le intenzioni e le azioni degli altri, attribuendo loro motivi ostili e minacciosi. Chi soffre di questa patologia vive in uno stato di ansia e paura costante, isolandosi dagli altri e reagendo con aggressività o rancore. La patologia psicologica di chi dice “ce l’hanno tutti con me” non ha una base oggettiva, ma è frutto di una alterazione del pensiero e della percezione della realtà.

Ecco alcuni esempi per far capire la differenza:

  • Un cristiano che vive in un paese dove il cristianesimo è proibito e perseguitato, e che viene arrestato, torturato o ucciso per la sua fede, è vittima della persecuzione del mondo in quanto cristiano. Egli sa che il suo destino è condiviso da molti altri fratelli e sorelle in Cristo, e che il suo martirio è un dono e una testimonianza per il regno di Dio.
  • Una persona che crede che tutti i suoi colleghi, amici o familiari complottino contro di lei, che la spiano, la calunniano o la vogliano danneggiare, e che non si fida di nessuno, soffre della patologia psicologica di chi dice “ce l’hanno tutti con me”. Essa non ha prove concrete delle sue accuse, ma si basa su indizi vaghi, coincidenze o interpretazioni errate. La sua visione del mondo è distorta e irrazionale.  (IA + Treccani)

COSAPEVOLEZZE

Noi cristiani dobbiamo essere consapevoli che non stiamo facendo una passeggiata nell’Eden dove sono tutte rose e fiori, ma stiamo camminando in mondo già condannato dal peccato di cui è intriso, seppure in attesa di una possibile redenzione per alcuni. [3] 

Il nostro non è ancora il millennio che verrà, ma è un “mondo perduto” dopo il peccato originale, che ha una sola opzione per salvarsi: una sofferta redenzione per i meriti del Cristo, sotto la guida dello Spirito di Dio.

Non esiste una redenzione senza pentimento; e il pentimento richiede compunzione del cuore, ravvedimento e coerenza. L’idea di diventare cristiani ballando e ridendo e di testimoniare il cristianesimo con gli “effetti speciali” di sorprendenti carismi è del tutto sbagliata. Le nostre strade non sono cosparse di petali profumati come in certe processioni religiose che vedevano nei nostri paesi, al contrario sono strade piene di “serpenti e scorpioni” che potremo percorrere solo con una consacrazione attenta in Cristo:

“Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male”. (Luca 10:19)

Senza l’unione continua con il Signore (che non è fatta solo di momenti di estasi) noi non siamo nulla ricordiamolo, siamo solo polvere, terra, vasi fragili, come dice in: 2Corinzi 4:7 “Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi”.  Ma se anche siamo terracotta fragile che subito si rompe, nemmeno dobbiamo avere paura, infatti dice: Salmi 118:6 “L'Eterno è per me; io non avrò alcun timore; che cosa mi può fare l'uomo?”

NON NOI ABBIAMO SCELTO IL SIGNORE, MA IL SIGNORE STESSO CI HA SCELTI

"Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga; […]" (Giovanni 15:16)

"Se foste del mondo, il mondo amerebbe quello che è suo; siccome non siete del mondo, ma io ho scelto voi in mezzo al mondo, per questo il mondo vi odia." (Giovanni 15:19)

La frase “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi”, non significa bearci di un trionfalismo immeritato e fuori luogo, infatti nessuno meriterebbe la grazia perché non esiste una persona giusta, nemmeno una, come sottolinea l’apostolo: Romani 3:10 “come sta scritto: «Non c'è alcun giusto, neppure uno. …  12 Tutti si sono sviati, tutti quanti sono divenuti inutili; non c'è alcuno che faccia il bene, neppure uno”.

D’altra parte se effettivamente siamo chiamati a una vocazione santa, persino prima che nascessimo,[4]  allora con timore e rispetto di Dio, dobbiamo sapere che da Lui e per Lui viviamo, e possiamo anche avere questo onore di testimoniarlo.

Sempre perché stiamo portando un senso di realismo per abbassare la nostra superficialità, è bene anche ricordare che testimoniare il Signore non significa solo alzarsi in una chiesa di fratelli che hanno la stessa fede e dire: “ero uno cattivissimo adesso sono uno santissimo” e tutti dicono contenti “Amen! Amen!”. La testimonianza cristiana già alle origini era drammatica ed anche oggi non è mai facile, proviamo a leggere qualche nozione.

IL TERMINE TESTIMONIARE NEL CRISTIANESIMO

Non per spaventare, ma per riportare alla concretezza delle origini, vorrei ricordare che «L’etimologia della parola testimoniare deriva dal latino testimonium, che significava “testimonianza” (cfr Treccani). Il termine latino, a sua volta, deriva dal greco martys, che originariamente significava “testimone”, ma che in seguito assunse il senso di “martire”, cioè di colui che dà testimonianza della propria fede fino alla morte (cfr [Wikipedia]). Questo cambiamento di significato si deve al fatto che i primi cristiani, per testimoniare il loro credo in Gesù Cristo, dovettero affrontare molte persecuzioni e sofferenze, spesso pagando con la vita il loro coraggio. Il Nuovo Testamento, infatti, usa spesso il termine martys per indicare i discepoli di Gesù che hanno subito il martirio, come Stefano (cfr At 7,58), Giacomo (cfr At 12,2) e Antipa (cfr Ap 2,13). Anche Gesù stesso è chiamato “il testimone fedele e verace” (Ap 1,5; 3,14), e la sua crocifissione è la suprema testimonianza del suo amore per il Padre e per gli uomini. Quindi, l’etimologia della parola testimoniare nel cristianesimo è legata al senso di martirio, di donazione della propria vita per la verità e per la fede.» (Elaboraz. IA) 

TESTIMONIARE IL CRISTIANESIMO - RIFLESSIONI

Da un punto di vista generale la testimonianza cristiana è la manifestazione della grazia di Dio che ci ha salvati mediante la fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio che si è fatto uomo, è morto e risorto per la nostra giustificazione. Non si tratta solo di una dichiarazione verbale facendo qualche annuncio a chi ci ascolta, bensì si tratta anche di portare, con la nostra persona completa, il Cristo Gesù. Questo ci potrebbe assomigliare l’asinello che portava Gesù quando entrava a Gerusalemme. L’atmosfera di festa in quel momento fu solo l’apparenza di una idea sbagliata e “muscolare” che avevano i giudei del Messia liberatore dal giogo dei Romani, perché quasi tutte quelle persone che dicevano “benedetto Colui che viene…” sparirono di lì a poco deluse, lasciandolo da solo sulla croce. Allora dobbiamo stare attenti a non diffondere una idea del Messia diversa da quella del Vangelo. Nella Sua prima venuta Gesù non è venuto per giudicare, ma per salvare, partendo dal basso, con umiltà vestendo addirittura i panni del peccatore pur non avendo peccato, sconcertando tutti “i sapienti”.

La testimonianza cristiana non è una semplice trasmissione di informazioni o di emozioni. È una risposta personale e libera alla chiamata di Dio, che richiede coerenza, fedeltà e coraggio. Questa testimonianza cristiana implica infatti il rischio di andare controcorrente, di affrontare le incomprensioni, le opposizioni e talvolta le persecuzioni da parte di chi non accetta il messaggio di Cristo o lo considera una minaccia per i propri interessi o per la propria visione del mondo. La testimonianza cristiana è anche una partecipazione alla missione di Cristo, che ha annunciato il Regno di Dio e ha invitato tutti gli uomini a pentirsi e a credere nel Vangelo (cfr Mc 1:15).

La testimonianza cristiana, infine, non è una realtà isolata o individuale, ma una attività all’interno della Chiesa che Gesù Cristo conosce ed approva. Essa coinvolge tutti i battezzati, chiamati a essere sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5:13-16), a formare un solo corpo in Cristo (cfr 1 Cor 12:12-27) e a portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra (cfr At 1:8). La testimonianza cristiana è una vocazione e una missione che si realizza nella forza dello Spirito Santo, che rende i credenti capaci di seguire l’esempio e gli insegnamenti di Gesù Cristo, il supremo e perfetto testimone del Padre (cfr Gv 18:37). (Alcuni spunti tratti da ricerche della IA). 

CONCLUDENDO

Questo sistema di ordine mondiale attuale ci sarà ostile in quanto cristiani, e questo comporterà anche la necessità di dover inghiottire parecchi “bocconi amari”, molto sofferti, che però avranno il merito di ripulirci dai residui di orgoglio.

Senza questa consapevolezza dell’ostilità diffusa, non attribuibile solo a questa o quella persona, ma ad un sistema destinato a morire, che farà di tutto per distruggerci in ogni parte delle nostre componenti, saremmo delusi al primo ostacolo.

La delusione ci farebbe cadere subito nella crisi, nella depressione, e poi nella disperazione, pensando erroneamente che se abbiamo tante prove difficili, allora anche Dio ce l’ha con noi. Ma Dio non ce l’ha con noi, anzi se ci ha chiamati è perché ha avuto una particolare fiducia in noi, avendoci scelti tra tanti. Coraggio allora, facciamoci forza nel Signore nostro testimoniando la Sua prossima venuta!

R.R.


[1] Isaia 55:11 così sarà la mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non ritornerà a me a vuoto, senza avere compiuto ciò che desidero e realizzato pienamente ciò per cui l'ho mandata.

[2] Può essere utile il nostro VIDEO-STUDIO "PRIMA DEL RAPIMENTO NO DENOMINAZIONI NO BUONISMO NO ECUMENISMO SI A SERIETA’ NUOVA NASCITA” (TRASCRIZIONE PDF in https://www.ilritorno.it/images/documenti/dossier/155%20TRASCRIZIONE.pdf)

[3] "Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo." (Romani 8:22-23)

[4] "che ci ha salvati e ci ha chiamati con una santa vocazione, non in base alle nostre opere, ma secondo il suo scopo e grazia, che ci è stata data in Cristo Gesù prima dell'inizio dei tempi" (2 Timoteo 1:9)

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