grosso nodo in una corda

2Corinzi 2:12 Giunto a Troas per il vangelo di Cristo, una porta mi fu aperta dal Signore, 13 ma non ero tranquillo nel mio spirito perché non vi trovai Tito, mio fratello; così, congedatomi da loro, partii per la Macedonia.

L’apostolo Paolo arriva a Troas per parlare del Vangelo di Cristo e gli viene aperta una porta, ovvero una notevole possibilità di evangelizzare senza ostacoli, tuttavia egli non lo fa; non è tranquillo perché non vi trova Tito suo collaboratore, così rinuncia, saluta e se ne va. Potrebbe sorprenderci questo atteggiamento e portarci a facili giudizi; ma se lo Spirito Santo, che ha ispirato tutta la Scrittura, ha ritenuto di mettere questo rifertimento è probabile che ci sia un motivo edificante. Vediamo cosa può insegnarci:

1) I personaggi della Bibbia non vanno mai idealizzati; sono persone come noi e lo Spirito Santo fa bene a raccontarci anche della loro umanità. Questo li avvicina a noi e ce li fa amare di più. Sono persona reali, con pregi e difetti, con punti forti e punti deboli: noi li vediamo come grandi servitori di Dio messi davanti a noi come un esempio - e lo sono certamente - ma anche come personaggi di carne, con le loro fragilità.

2) Gli studiosi che hanno esaminato questo particolare ci descrivono un apostolo molto preoccupato per l’esito della sua precedente lettera “severa” ai Corinzi; si spingono a dire che era “ansioso e disperato” perché non aveva avuto ancora risposta. Non riusciva a concentrarsi serenamente per la porta aperta che gli era stata preparata a Troas. Poteva essere successo di tutto a Tito che doveva portargli notizie (tra l’altro aveva anche una possibile colletta in denaro e i briganti per questo lo potevano aver ucciso; inoltre le correzioni che lui aveva scritto ai Corinzi potevano non essere state capite, potevano aver apostatato…). Facciamo presto noi a dire “Beh lui era Paolo, quello che aveva avuto visioni sublimi, quello che aveva una fede e una intelligenza incredibili, sapeva tante cose, come poteva andare in crisi ed essere così agitato?”. Ma Paolo era un uomo terreno e il pensiero la responsabilità per le comunità fondate, per le anime tanto amate da lui portare a Cristo era  sempre presente. In questo caso quel pensiero era predominante e non riuscì a proseguire perché non aveva uno spirito tranquillo. Si congedò rapidamente da quelli di Troas e tornò a vedere cosa era successo di Tito e della comunità.

3) A questo punto uno potrebbe anche dire: “Va bene, Paolo era un essere umano e poteva anche avere i suoi momenti di preoccupazione, ma se il Signore aveva aperto quella porta a Troas significa che aveva intenzione di salvare lì delle persone, e dunque che ne sarebbe stato ora di loro? Per l’ansietà di Paolo quelle persone sarebbero di fatto rimaste senza il Vangelo, e dunque senza la possibilità di essere salvate.” L’obiezione sembrerebbe giusta ma leggendo con attenzione la Scrittura si comprende che il Signore realizza comunque il Suo piano di salvezza e sa come fare per arrivare dove vuole arrivare, in un modo o nell’altro. Non è che se un testimone di Gesù cambia strada allora la gente perde la salvezza. Vediamolo nel dettaglio:

a) Nel caso specifico “la porta” che lo Spirito Santo aveva aperta a Troas non si chiusa, ma rimase aperta per tutto il tempo necessario perché Paolo potesse ripercorrerla dopo un certo tempo. Infatti vediamo il seguito in Atti 20:3…. Poi, dato che i Giudei avevano ordito un complotto contro di lui mentre stava per imbarcarsi per la Siria, decise di ritornare attraverso la Macedonia. 4Lo accompagnarono Sòpatro, Aristarco… [ecc.] 5 Questi andarono avanti e ci aspettarono a Troas. 6 Trascorsi i giorni degli Azzimi partimmo da Filippi e, dopo cinque giorni, li raggiungemmo a Troas, dove ci trattenemmo sette giorni. 7 Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte. 8 Nella sala di sopra, dov'eravamo riuniti, c'erano molte lampade; 9 un giovane di nome Eutico, che stava seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo, poiché Paolo tirava in lungo il suo dire; egli, sopraffatto dal sonno, precipitò giù dal terzo piano e venne raccolto morto. 10 Ma Paolo scese, si gettò su di lui e, abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché la sua anima è in lui». 11 Poi risalì, spezzò il pane e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all'alba, partì. 12 Il giovane fu ricondotto vivo, ed essi ne furono oltremodo consolati. Tutto questo accadde presumibilmente qualche mese dopo. Vediamo che non solo Paolo tornò con altri collaboratori a Troas ma che le sue azioni furono accompagnate da una straordinaria potenza di Dio.

b) Ma anche se Paolo non fosse tornato, pensate che Dio avrebbe dimenticato quelle persone? Io non lo credo. Persino quando Ester (giudea) fu incaricata di intercedere per il suo popolo presso il potentissimo re di Persia Assuero e si mostrò impaurita, si sentì dire da Mardocheo: “se oggi tu taci, soccorso e liberazione sorgeranno per i Giudei da qualche altra parte;” (Ester 4:14a).

Conclusioni:

a) Se l’uomo tende sempre a idealizzare tutto, noi cristiani dovremmo capirne il motivo ed essere più saggi (1);

b) Se persino Paolo ha mostrato la sua debolezza e le sue ansie (ben comprese dal Signore che non ha mai spesso di amarlo) a maggior ragione noi dobbiamo saperci perdonare se abbiamo i nostri limiti. Chi è molto attento e cerca la perfezione nello zelo per il Signore certe volte si auto-giudica troppo severamente (e magari poi giudica gli altri con lo stesso metro). Invece è bene per queste persone troppo severe con se stesse imparare a perdonare se stesse.

Facciamo del nostro meglio nel servire il Signore e affidiamoci alla Sua misericordia, saprà Lui come e quando rafforzarci nel giusto tempo.

 


 

(1) Può essere utile leggere PERCHE’ IDEALIZZIAMO? - 522 pst

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