terreno lavorato

Matteo 16:24 - Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua.»

Rinunciare a se stessi è il traguardo dell’apprendimento cristiano difficile da capire e da applicare. Si sta parlando di una fede molto “lavorata” da parte di Dio, matura.

Nella frase riportata sopra di Matt 16:24 troviamo il contrario di quello che dice il mondo: siamo abituati a sentire nei telefilm americani: “sii te stesso, confida in te stesso!”, ma il Signore ci insegna un altro tipo di vittoria, molto più grande. Non è che uno deve mortificare sempre se stesso ad annullarsi, non ci chiede questo il Signore; Egli vuole che abbandoniamo l’idea egocentrica, egoista, autonoma di una onnipotenza umana che ormai non tiene più conto di Dio che ci ha creati, e che ci vorrebbe condurre nella salvezza di un luogo ed un tempo importanti, tutti ancora da scoprire. Per far questo, anche se ci sembra di perdere in dignità, dobbiamo ubbidire a Dio più che al nostro desiderio di successo. E’ una “potatura” continua della nostra personalità ribelle e spinosa. Quando la nostra ubbidienza sarà stata messa alla prova tante volte e riusciremo a non ribellarci più, allora si potrà parlare di maturità di fede. La maturità cristiana è un modo nuovo di intgendere la giustizia e il possesso dei beni. Uno arriva ad avere tanta di quella fiducia in Dio da non avere più necessità di pensare al suo guadagno, alle sue stesse necessità, perché sa che a quelle cose penserà il Signore. 

Scopo del cristiano maturo è adorare e servire Dio, "perdersi" in Lui, "fondersi" in Lui, abbandonarsi a Lui completamente, dimenticando persino il proprio nome la propria denoninazione religiosa, la propria lingua per itrovare tutto in Dio. La persona che arriva a questo ha sperimentatao e si ricorda che il volere del Signore, il Suo operare, sono comunque il meglio per la nostra vita. Una persona che ha rinunciato a se stesso, ha sperimentato tante prove nella sua esistenza ma è riuscita a serbare la fede e l’umiltà. Con la perseveranza nella sofferenza ha potuto anche sperimentare la speranza, e da questa è entrato nell’amore di Dio, che sente presente e vivo: Romani 5:3 "E non soltanto questo, ma ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l'afflizione produce perseveranza, 4 la perseveranza esperienza e l'esperienza speranza. 5 Or la speranza non confonde, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato".

Chi ha rinunciato a se stesso è stato plasmato dallo Spirito Santo e reso fruttifero. E’ come un terreno grande che è stato dissodato, arato, sminuzzato. Forse si sente svuotato, senza forze, debole e povero, privo di tutto; ma è proprio in questa povertà di se stesso che egli può divenire il profumo dell’offerta più elevata, gradita all’Eterno. In questo stato di povertà mondana l’anima è fertile, pronta per ricevere il grano, cioè il pane, la Parola del Signore, che diventerà cibo offerto senza compenso. Chi ha rinunciato a se stesso infatti non ha bisogno di possedere nulla, perché la sua ricompensa è l’appartenenza a Dio.

 

 

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